Storie di tutte le cose visibili e invisibili



martedì 28 febbraio 2012

Dialogo con Adolescente

“C’è questo professore che praticamente l’anno scorso quelli della terza B ogni volta che entrava in classe loro uscivano e alla prima volta non hanno detto niente alla seconda volta non hanno detto niente e in pratica alla terza volta il preside ha cambiato la classe.”

“In che senso, scusa?”

“Eh, chiaro no, praticamente gli hanno cambiato il professore”

“Cioè, hanno sostituito l’insegnante solo per quella classe, solo perché gli studenti si ammutinavano?”

“Eh sì però non è giusto perché adesso le altre classi possono dire hey ma tu con la terza B lo hai fatto quindi praticamente puoi farlo anche per noi”

“Vuoi dire che ha creato un pericoloso precedente”

“Eh, praticamente quello che ho detto io…”

giovedì 23 febbraio 2012

Il mio senso

Ci siamo scontrati nel pianerottolo tre Dicembri fa, un trasloco appena fatto tu, un trasloco da fare io, un garage allagato in comune.
Ho pensato “ah però”.
Tu hai pensato “ekkekazzo abito qui da un mese e già stiamo sotto acqua”.

Ci siamo re-incontrati a garage asciutti, ho visto i tuoi figli.
Ho pensato “ma anche no”.
Tu hai pensato “perché no”.

Ci siamo di nuovo incontrati d’estate, a una grigliata condominiale in parcheggio.
Ho pensato a niente.
Tu hai pensato “si può fare”.

Mi hai invitata a fare colazione.
Io ti ho chiesto di portarmi a cena.
Una sera d’Agosto, la città deserta.

Io piena di paure, tu pieno di candore.
E siamo ancora qui, dopo mille e mille ostacoli, dopo qualche “mai più” e nessun “per sempre”, perché ci stiamo tra i piedi e ci inciampiamo, ma ci manchiamo così tanto, e continuiamo ad incontrarci, e a scendere e salire quelle scale mille e mille volte.

Tutto questo ha un senso strano, ma ha un senso.
Ha senso il tuo profumo di talco, i tuoi silenzi e le tue logorree, le tue docce infinite, il tuo ordine maniacale, le tue scorte di Brio blu.

Hanno senso i traslochi di letto, di stanza o di piano, nelle notti quando russi, hanno senso i nostri pranzi la domenica, e il primo caffè al mare ad inizio stagione, le brioches nello zerbino davanti alla porta il sabato mattina alternato.

Io che piango sempre davanti la TV, tu che mi prendi in giro, tu che sbagli qualche congiuntivo apposta per farmi arrabbiare, tu che non mi vuoi sposare, io che mi commuovo davanti a Wedding Planner e Say yes to the dress.

Io e te, abbiamo un senso, secondo me.

mercoledì 22 febbraio 2012

Cocco bello

Il decenne (quasi undicenne … ormai) non mangia mai quello che cucino io. Chi mi conosce sa che fa benissimo, l’attività che mi riesce meglio in assoluto è andare al ristorante. Ma lui non lo sa.

Non ci ho mai dato troppo peso, rifiuta sempre con educazione, ma capisco che il gesto di nutrirlo per lui ha un significato che va al di là del semplice riempimento di stomaco e soddisfazione di un bisogno primario. Lo rispetto, e aspetto i suoi tempi.

Credo però che il bisogno di nutrire chi si ama faccia parte del pacchetto “femmina”; lo scorso week end quindi mi sono messa di impegno e ho pensato che per conquistare il palato di un comune bambino sia necessario cucinare qualcosa di immangiabile (almeno per me, che ho un gusto molto “adulto” e non amo comunque i dolci).

Ed ecco che miracolosamente l’ho conquistato con una torta al cocco, di quelle che mi dava fastidio perfino a guardarla e scrocchia quando la mastichi da quanto è “coccosa” (a volte mi domando come riuscissi ad essere golosa del Bounty da ragazza …), ma per gli amanti del genere giuro che è deliziosa e di una semplicità imbarazzante !
I ragazzi se la sono spazzolata in una giornata!
E sentirmi dire dal nano “E’ proprio buonissima” è una grande vittoria.

Provateci ! (thanks to Benedetta Parodi, protettrice di tutte le svaporate come me)

Torta al Cocco (non sono riuscita a fotografarla, finita subito !)

3 uova
150gr di zucchero
450 ml di panna fresca
250g di farina di cocco
1 bustina di vanillina
3/4 di 1 bustina di lievito per dolci


Amalgamare alle uova, lo zucchero, la panna, la farina di cocco e la bustina di vanillina.
(Io ci ho aggiunto anche 2 cucchiai di farina 00, che l’ha resa più soffice).
Lasciare riposare in frigo per 30 minuti, in modo da far assorbire alla farina di cocco la panna.
Aggiungete all'impasto anche tre quarti di una bustina di lievito per dolci e mescolare di nuovo il composto.
Versare l'impasto in una tortiera ricoperta di carta forno, e infornare a 180° per 25/30 minuti (dipende dal forno).
Lasciare raffreddare e spolverizzare di zucchero a velo.

lunedì 20 febbraio 2012

E ora dove andiamo?

100 minuti di inaspettata e toccante bellezza hanno reso il mio fine settimana meno fantozziano.

Avevo recentemente ricordato la splendida regista e attrice Libanese Nadine Labaki, il giorno in cui la mia estetista ha sperimentato sulla mia pella la ceretta con lo zucchero (agghiacciante, ve ne parlerò prossimamente).
Come non pensare al bellissimo film “Caramel”?

Ieri ho visto il suo secondo lavoro “E ora dove andiamo?”. Il film alterna, volutamente, toni drammatici ad altri decisamente grotteschi, con qualche incursione perfino nel musical. Credo che l'intento  - riuscito - sia stato quello di rendere più leggero il racconto di una storia difficile.

Si parla di convivenza religiosa, Moschee e Chiese, veli e croci, isolamento, si parla di guerre lontane, ma soprattutto si parla di donne. Mogli, madri, sorelle, con gli occhi asciutti dopo troppe lacrime, riempiono storia e schermo con una dignità toccante.
Donne che appartengono ad ogni posto del mondo.
Donne che alla fine ti ricordi di come hanno riso, non di quanto hanno pianto.

Generalmente non tifo mai per le mamme. Mi ostino a sottolinearne gli errori.
Tendo a pensare che si sopravvalutino spesso, che raramente siano equilibrate nel loro amore.
Ho pensieri scomodi, a riguardo. Lo confesso.
Ma uscendo dal cinema ho avuto un unico pensiero: qualunque sia il credo religioso, l’estrazione sociale, la lingua parlata, il dolore di una madre in lutto è uguale in tutto il mondo.
Veste di nero. Dentro e fuori.

Andate a vederlo, per ricordarvi di cosa potremmo essere capaci,.
E’ piaciuto tantissimo anche a Lui.

mercoledì 15 febbraio 2012

Non mi piacete

Oggi sono in quella modalità che io chiamo "mi fanno male i capelli", ovvero fastidio cosmico a prescindere.
Una situazione stagna come acqua di fosso mi fa stare male da 15 giorni, mi sento un'esule all'isola dei famosi, senza neanche una liana da intrecciare.
Odio le attese: di notizie, di persone, tutte.

E quindi cincischiando in Facebook, mi scopro insostenibile acida scossa da un'invidia molesta per le vite altrui.
Per chi è a Sydney, a Tokyo, a New York.
Per chi posta le foto delle linguine all'astice cucinate dal fidanzato per San Valentino.
Per chi ha ricevuto un dono prezioso.
Per chi ama e lo dichiara.
Per quelli che si sono svegliati all'alba per andare al lavoro.
Per chi ha il bambino con l'influenza intestinale.

Credo sia la sindrome premestruale.

martedì 14 febbraio 2012

Barcollo ma non mollo

Qualcuno avrà notato che da un po’ di tempo sto evitando i post strettamente legati al nome di questo blog.

Il fatto è che non tutti capiscono il mio senso dell’umorismo.
Anzi a dire la verità, molti non ce l’hanno proprio, il senso dell’umorismo. Non tutti riescono a leggere l’amore che a me pare ovvio; alcuni leggono solo la fatica.
Non tutti capiscono che un blog è solo un blog, e la vita vera è anche un’altra cosa.

Questo innocente blog ha fatto traboccare qualche vaso, destabilizzato qualche equilibrio, riaperto qualche ferita.
Sto ancora decantando le troppe cose capitate nelle ultime settimane, che hanno avuto l’unico vantaggio di farmi  rientrare nella taglia 42 per qualche temporaneo episodio di astenia.

Ma a volte i vasi che si rompono, gli equilibri che sbarellano, le ferite che cicatrizzano, posso servire. Morire per rinascere.
E tutto, presto o tardi, trova una strada diversa.
Depositata la polvere, riprenderò la posizione e partirò per la mia ennesima nuova vita.

Potrei scegliere di cambiare nome, che ne so, invece di Matrigna part-time potrei diventare Svampita a tempo pieno. Ma fortunatamente pare non sia necessario.

Io, comunque, resto qui.

sabato 11 febbraio 2012

La solita scarpa col tacco ...


Metti un venerdì sera freddissimo, dopo una giornata surreale in giro ovunque tranne che a casa propria.
Metti una parrucchiera dalla forbice incontrollabile.

Metti due amiche, ciascuna con una vita fatta di almeno 10 vite diverse, e tutte – o quasi – troppo complicate anche da spiegare.
Metti il fatto che da 10 anni è difficile vedersi da sole.
Metti un filetto di tonno, una sfoglia di cioccolato fondente e una bottiglia di vino bianco (finita).
Ed ecco, per me, la serata perfetta.
A parlarsi addosso, raccontarsi, darsi torto e darsi ragione.
E tornare a casa all’una di notte cantando a squarciagola in auto, da sola, come una scema.

E allora ecco che il quadrato diventa tondo, e la fatica diventa più leggera.

giovedì 9 febbraio 2012

Per tutta la vita



E' vero che faccio regali senza biglietto e mando biglietti senza regalo (per i dettagli leggi post del 20 Gennaio - a proposito -quando imparerò ad inserire i link ? :(

Insomma sono un po' una cazzona ... però poi quando li mando, i biglietti, faccio sul serio eh ...
Questo è quello che ho fatto trovare a casa ad un'Amica al suo rientro dal viaggio di nozze. Dettaglio non trascurabile, il biglietto era attaccato ad una foto scattata al suo matrimonio, la prima che ha visto in assoluto.



"F. e C.,

Forse non è un caso se ho commesso l’imperdonabile errore di consegnarvi il regalo senza un biglietto; avevo bisogno di vivere il giorno del vostro matrimonio per riuscire a comunicarvi le emozioni che meritate.

F., sei l’amica più limpida e leale che io abbia mai avuto. Il tuo amore per la gente si esprime anche senza parole, dalla luce nei tuoi occhi, dal sorriso contagioso. Tu hai la forza e la pazienza di curare le tue amicizie, di nutrirle nel tempo con dedizione sincera e piena di affetto.
Quando sei entrata in Municipio – emozionata – ho iniziato a piangere anche io e ho detto “sono fortunata ad avere un’amica così”.
Grazie per avermi trasmesso la tua felicità nel giorno più bello, per avermi fatta sentire orgogliosa di te, del fatto che hai realizzato i tuoi sogni.

C., sei una persona vera e concreta, hai la mia più totale fiducia, so che ti occuperai sempre della tua famiglia al di là delle firme e del giro d’oro che circonda il tuo anulare sinistro.
Forse mi sbaglio, ma il 23 Maggio ti ho visto fiero ed orgoglioso…e anche un po’ emozionato…

Amici, grazie per la magnifica festa che mi avete regalato, per esservi occupati di me anche nel VOSTRO giorno.
Grazie per le vostre famiglie, per l’allegria, per vostro figlio che è una meraviglia e sta crescendo forte ed indipendente, grazie per i vostri amici, che con la loro spontanea allegria non mi hanno fatto sentire troppo sola, grazie per tutto !

Vi auguro tutto il bene possibile.
Spero di non perdervi mai.

Tessy"

mercoledì 8 febbraio 2012

S.O.S. Tata

Tento di raccontarvi una scena alla quale ho assistito poco tempo fa.

Ora della merenda, capannello di mamme chiacchieranti.
Una di queste, consegna una fetta di pane a cassetta spalmata di Nutella a:
-          figlio minore: età stimata 3 anni (presunta dal livello di remissione)
-          figlio maggiore: età stimata 7 anni (presunta dal piglio fascista)

Il maggiore viene colto da un attacco isterico/delirante/socialmente deprecabile ed urla (sfondando serenamente il muro del suono) a ripetizione:
 “NON VOGLIO LA CROSTA !!!! TI HO DETTO CHE NON VOGLIO LA CROSTA !!! TOGLIMI IMMEDIATAMENTE LA CROSTA !!!!!!!!!!”.
(sottotitolo: madre, smettila di parlare di amenità con queste galline, devo ancora superare lo shock per l’arrivo di questo inutile fratello e sto ancora aspettando che lo riconsegni a chi di competenza, ho un disperato bisogno che tu mi veda, che tu mi guardi, che tu mi parli, che tu mi faccia calmare, che tu mi abbracci).

La genitrice, continuando imperterrita la conversazione pregna di significato con le amiche, tutte evidentemente audiolese, invece di togliere la merenda al bambino e promettergli che le croste saranno il suo unico cibo fino al compimento della maggiore età, svolge, nell’indifferenza assoluta e soprattutto senza guardare nessuno dei due figli, le seguenti azioni:

1)     Toglie di mano la fetta di pane al figlio minore
2)     Toglie di mano la fetta di pane al figlio maggiore
3)     Sovrappone le due fette, in modo da avere ampio margine di manovra
4)     Elimina manualmente le croste del pane
5)     Consegna il panino depurato al figlio maggiore che, con somma gioia della cittadinanza tutta, smette di urlare
I bambini non vengono al mondo con le istruzioni e so che tutti i genitori del mondo si impegnano a fare del loro meglio. Infatti io non ho procreato, perché ho la pretesa di garantirmi scenate isteriche autolesioniste ogni volta che la parrucchiera sbaglia a dosare il decolorante o apro l’armadio e mi accorgo che non ho niente da mettermi.

Ora, a prescindere dal fatto che non sono madre, non posso capire, non posso giudicare, eccetera.











Mi domando: ma questo bambino, tra una decina di anni, quando una ragazzina gli risponderà di no a qualsiasi tipo di domanda, cosa farà?
Motosega, bagagliaio della macchina, pozzo artesiano?

venerdì 3 febbraio 2012

Alive and kicking


C’è un numero limitato di cose che un essere umano è in grado di affrontare tutte insieme.
Oltre a questo, scatta la modalità “sceneggiatura per un film con Claudio Bisio e Alessandro Siani”.

Quello che mi è capitato nell’arco di un mese, senza soluzione di continuità, sfida qualsiasi presunzione di karma pesante. E’ talmente tanto, che suona surreale. Sono giorni che cerco il modo di descriverlo, ma ogni tentativo è risultato troppo personale, e siccome quanto mi sta accadendo tocca anche altre persone e – soprattutto – sfiora argomenti estremamente delicati, alla fine è preferibile non scendere in dettagli.

Io sono serena.
Perché ho comunque conosciuto dolori peggiori, perché detesto le gare di sofferenza e, a ben guardare, c’è sempre chi sta più male di te. Perché mal che vada, una strada la troverò, perché comunque solo chi si sente solo, è solo. Perché ancora canto in macchina, perché mi guardo allo specchio e sorrido, perché affronto il gelo di questi giorni con il tacco 12 e la piega perfetta.

E mi dispiace per chi non sa cosa dirmi, per chi mi sta evitando, per chi mi incrocia e abbassa gli occhi.
Mi dispiace perché se aveste il coraggio di guardarmi, vedreste che sto sorridendo.
Mi dispiace perché se aveste il coraggio di telefonarmi, mi sentireste ridere.

E sono felice perché amici lontani, o inaspettati, hanno riempito questi giorni di sorrisi e calore.