Storie di tutte le cose visibili e invisibili



venerdì 24 giugno 2016

Forse stavolta parte la querela



Ieri sera, dopo una giornata di quelle che ok quanto manca, sono andata a cena con una mia amica in un ristorante giapponese del centro.
Siamo uscite dal ristorante alle 23:00 circa, e appena fuori dalla porta di questo locale - che si trova in un vicolo poco trafficato - da un androne buio è spuntato un signore non giovane, alto e magrissimo, vestito in un modo che con il senno di poi definirei “faccio finta di fare lo sportivo per non dare nell’occhio e il risultato è che sembro appena sbarcato da un gommone a Lampedusa” (con rispetto).

Questo signore si è avvicinato bisbigliando qualcosa che non abbiamo capito, mostrandoci un documento con una foto.
Io francamente ho pensato che fosse una di quelle persone che ti fanno vedere il documento per dimostrare di essere di nazionalità Italiana,  chiedendoti soldi o un pasto caldo perché hanno perso il lavoro (come se la nazionalità Italiana potesse fare la differenza nella valutazione della disperazione, ma non divaghiamo).
Mi è successo più volte, quindi ho pensato subito a quello.

L’ipotesi B (ipotizzata dalla mia amica perché pure questo ci è capitato più volte) è che fosse un ex tossicodipendente di qualche associazione, intenzionato a farci firmare qualche petizione contro la droga, come se la droga fosse un essere umano che va debellato con una petizione, ma non divaghiamo.
In effetti io e la mia amica di gente normale ne incontriamo poca.

Ma torniamo ai fatti.
Entrambe le opzioni ipotizzate, alle 23 di sera in un vicolo buio,  ci hanno comunque spinto a fissare questa persona con sguardo pitonato e a non avvicinarci.
Questo tizio allora si avvicina e con tono arrogante ci dice “Oh, vi ho detto Guardia di Finanza, Polizia, ma capite l’Italiano?!”.
Contemporaneamente si palesa un altro signore, con lo stesso outlook indovinatissimo, che ci sventola sotto il naso un distintivo.
Io con voce pacata rispondo “Non c’è bisogno di essere offensivi, non avevamo capito.”
A quel punto cambia registro e si giustifica dicendo “Pensavo foste due straniere …”.
Volevano fare un controllo e gli abbiamo mostrato lo scontrino fiscale che ancora avevo in mano.
E’ finita lì.

La cosa al mondo che più mi fa imbufalire, innervosire, piangere, è l’arroganza del potere nei confronti di chi è più debole. Il medico che aggredisce il paziente, il capo che umilia un sottoposto, l’uomo che uccide una donna di mazzate. 
Sono rimasta profondamente scossa e turbata, perché la mia risposta istintiva e giustificata (ripeto, con tono pacato) avrebbe potuto facilmente far degenerare la situazione.

Ho pensato che eravamo due donne bianche e mediamente fighe.
Se invece di due donne ci fosse stata una coppia omosessuale, o due persone di colore, o un ragazzo che magari si era bevuto un paio di birre di troppo, come sarebbe andata a finire?
Forse non è questo il caso e non voglio generalizzare, ma la prevaricazioni sono ingiustificate e ciascuno reagisce a modo suo. La violenza è SEMPRE condannabile, anche quando è verbale.

E poi, a prescindere dal fatto che in questo ristorante avevamo mangiato mediamente male e pagato mediamente troppo, ho pensato che non ho mai incontrato la Guardia di Finanza davanti ai locali gestiti e frequentati dalla Trevisaneria bene, dove magari ti fanno pagare 7 Euro per un’imbevibile spritz al Campari e lo scontrino spesso è fantascienza. Lo spritz al Campari è religione, non si scherza.

Insomma la gente è brutta. Sempre più brutta.
Perfino io.