Storie di tutte le cose visibili e invisibili



giovedì 31 maggio 2012

Noia e risate



Ci sono quasi sempre week-end difficili.

Di bambini annoiati e malinconici e silenziosi.
Perché divertirsi con la mamma è facile, pure se la mamma fosse una po' pallosa, pure se fosse talmente divertente da sembrare triste.
Perché la mamma frequenta gli amici di sempre, gli zii e i cugini di sempre, i nonni di sempre, i campi sportivi di sempre, le feste di scuola di sempre.
Perché la casa del papà è la casa di "spesso", non la casa di sempre, e non c’è la Wii né l’X Box.
Perché la nonna fa le lasagne super, e il pranzo della domenica è sempre affollato e caotico e infinito.
E nella casa di papà invece – al massimo – si è in 4, ma quasi sempre in 3, e spesso solo in due.

E io mi sento in colpa.
Non è colpa mia, ma mi sento in colpa.
L’infelicità altrui è contagiosa, e io purtroppo assorbo come una spugna e la faccio mia.
Quasi che non ne avessi abbastanza.

Poi ci sono i giorni buoni.


Quando mi vede in garage e istinitivamente mi viene incontro sorridendo.
Quelle domeniche piovose, quando ci sediamo tutti e 4 intorno al tavolo e giochiamo a carte, e ridiamo come pazzi perché il Nano imbroglia, oppure non capisce il gioco, ma poi alla fine vince sempre lui.

Quando andiamo a fare la spesa, e per fare passare il tempo curiosiamo tra gli scaffali commentando, e riesco perfino ad abbracciarlo, il Nano, e lui non se ne accorge, o fa finta di non accorgersene.

Quando ceniamo in salotto con tutte le sedie diverse, e l’Adolescente mi fa l’occhiolino, complice, mentre prendo in giro suo padre.
E il Nano non vuole mangiare la verdura, e io gliela mangio di nascosto, che suo papà non veda.


Quando perdo due ore per fargli la torta al cioccolato con il riso soffiato, ed è venuta immangiabile, e allora l’ho rifatta, e fa schifo uguale, ma se la divorano lo stesso, e dicono pure "ma guarda che il giorno dopo era ancora più buona, me la rifaresti ?".


martedì 29 maggio 2012

Quello che gli ex miopi non dicono



Lo desideravo da tanto tempo, e finalmente l’ho fatto.
Ho abusato delle lenti a contatto in passato, finché le mie cornee hanno detto “no al colesterolo” … ah no, hanno detto “basta”, in maniera inequivocabile ed imperitura; erano quindi anni che potevo portare solo ed esclusivamente occhiali da vista.

Ed ero stanca.
Stanca di andare a correre con gli occhiali, di fare palestra con gli occhiali, stanca di quel continuo metti e togli occhiale da vista/occhiale da sole ogni volta che entravo ed uscivo da qualsiasi posto.
Stanca di non vedere il mio viso tutto intero, con gli occhi truccati, stanca dei solchi sul naso e del fastidio dietro le orecchie, stanca di non sentirmi mai abbastanza carina (abito elegante, tacchi, trucco e pettinatura impeccabili … e occhiali da vista ?? No …).
E a tutti quelli che mi dicevano “ma perché odi gli occhiali, sono così belli !!!”.
Rispondevo “se ti piacciono tanto, mettiteli tu”.

Insomma, ho affrontato l’intervento di chirurgia refrattiva.
Con un Chirurgo Primario giovane e fichissimo, che ha avuto i miei occhi in mano per mezz’ora, ed ora è inevitabilmente il protagonista indiscusso delle mie fantasie erotiche.

Ciò premesso, ovviamente nel corso degli ultimi mesi mi sono documentata e ho condiviso le esperienze di chi aveva già affrontato questo intervento; io ho scelto la tecnica Lasik, non dolorosa e con un recupero più veloce rispetto alla Prk.

Tutti me ne avevano parlato con entusiasmo, rassicurandomi del fatto che avevano recuperato la vista dopo pochissime ore, che il trattamento è una passeggiata, che non si sente nulla, eccetera …

Confermo, in parte.
E’ un intervento chirurgico, comunque. E lo stress emotivo si sente. E non solo.
Ma non voglio parlare di questo.

Non ero preparata alle implicazioni psicologiche che guardarsi allo specchio senza occhiali comporta.
E credo che solo chi porta abitualmente gli occhiali (e non le lenti a contatto), possa capire.
Se abitualmente si portano gli occhiali, quando ci si guarda allo specchio senza, non ci si vede la faccia. Non benissimo, intendo...

I primi giorni dopo l’intervento, per me sono stati un po’ traumatici.
Sarà che ho preso il raffreddore in sala operatoria, e tra prurito al naso e fazzoletti di carta e starnuti, la convalescenza non è stata delle migliori.
Sarà che un po’ di fastidio è da mettere comunque in preventivo.
Sarà che fino a quando non ho sentito il medico sentenziare “10 decimi”, al controllo dopo tre giorni, a me non sembrava di vederci proprio benissimo …

E poi gli occhi. Gli occhi sono strani, con la pupilla più piccola. E sembrano più … luminosi … alcuni colleghi mi hanno detto che sembra abbia fatto il lifting. Fico.
Sarà perché per un mesetto circa non mi posso truccare … forse è per questo che mi vedo strana. Che tutti mi vedono strana.
Sarà.

Ho letto che generalmente le persone miopi sono più timorose, perché hanno innegabilmente una visione più piatta, meno tridimensionale, e quindi tendono ad esporsi meno. Senza contare che gli occhiali sono pur sempre un filtro, una barriera.

Questo non vale per me perché sono sempre stata un caterpillar, una che si butta senza paracadute e prende inevitabilmente un sacco di botte al culo.
Ma un fondo di verità, ci sarà.
O forse, semplicemente, sono sempre stata una portatrice sana di miopia.
Ero una miope anomala.

Ovviamente sono felice. 10 decimi di felicità.
Ma sono sempre io.
La mia vita non è cambiata.
Come quando ero cicciottella ed ero convinta che vivere da magra mi avrebbe cambiato la vita.
In un certo senso è vero.

Ma la vita non cambia.
Non credo che cambi mai, in fondo.
Sono sempre io.
Taglia 42 e occhi verdi senza filtri.
Ma sempre io.

lunedì 28 maggio 2012

Empatia



Succedono cose strane, quando si frequentano i blog.

Succede che tutti i giorni tu sei felice di leggere quello che capita ad una persona che segui da molto tempo. E non perchè sei assurdamente interessata ai fatti suoi, ma perché ti sembra di conoscerla quella persona, sai come vive, che lavoro fa, come si comporta con i suoi figli, e impari a volerle un po’ di bene, magari perché sai che anche questa persona forse legge di te, e a volte ti capisce ed altre volte no, e commenta quello che scrivi e ti senti meno sola. A volte.

Quindi succede un fatto strano.

Succede che leggi poche parole di una persona che non conosci, e mai conoscerai, che ha perduto il suo papà, che tu non conoscevi, ma te lo immaginavi grande e forte e intelligente e simpatico e bello.
E succede che stai sinceramente male per lei, e ti senti un po’ stupida per questo, ma ci pensi da giorni, a questa persona, e al dolore che sicuramente prova, e qualsiasi parola ti sembra blasfema, e vorresti davvero tanto poterla abbracciare, prendere i suoi bambini e portarteli al parco, oppure prendere lei e riuscire a dire qualcosa di importante o stupido, che però la faccia sentire al sicuro, come si sentiva quando era piccola e il suo papà forse le faceva i grattini sulla schiena.

Sarà perché io convivo con il terrore di perdere il mio, di papà.

Non ho avuto il coraggio di scrivere nulla sul suo blog, perché quella è casa sua.
Ma devo scrivere qualcosa da qualche parte.

Sperando che lei non sia sola, che i suoi 3 bambini riempiano il vuoto nella pancia con marce scozzesi, moci, bambolotti, capelli pazzi ed occhi azzurri, e chiasso e risate e litigi.
Che ci siano tante amiche che magari le fanno la spesa, o la fanno ridere.

No so che dire, davvero.

mercoledì 23 maggio 2012

Di shopping, commesse, compleanni e bimbiminchia


Adoro spendere.
Mi colloco serenamente tra Carrie Bradshaw e Becky Bloomwood.
E vi assicuro che non ne ho, di soldi.
Periodicamente metto la carta di credito in cassaforte, giusto per far riprendere fiato al mio Direttore di Banca.

Amo tutte le forme di acquisto in genere: per dire, vado al supermercato per rilassarmi. Ma prediligo le cose che posso mettermi addosso.
Tipo, sabato mi sono comprata un rasaerba: ho scelto un modello moderatamente costoso perché gli altri erano gialli o rossi, e io detesto il giallo e il rosso è banale, però non ho potuto indossarlo la sera e quindi il mio week-end ha avuto senso a metà.

Ciò premesso, generalmente detesto gli outlet e tutti i posti dove non è prevista la vendita assistita. Ovvero, mi piace entrare in un negozio, vedere una sorridente commessa che mi viene incontro, possibilmente vestita meglio di me, alla quale spiegare cosa sto cercando.
Il resto del tempo gradisco trascorrerlo come se fossi un manichino, con lei che mi propone vari outfit tra i quali scegliere.

Esigo, inoltre, deferenza e dedizione assolute.
Auspico che mi si dica almeno una volta una di queste frasi:
-      Con il fisico che hai, puoi metterti qualsiasi cosa
-      Ti propongo questo abito un po’ particolare, se non te lo puoi permettere tu …
-      Ti sta benissimo
Ovviamente se è vero.
Se mi hai portato una cosa che mi sta male, vuol dire che non sai fare bene il tuo lavoro.

Tutto ciò a tuo vantaggio, perché se mi tratti come Julia Roberts in Pretty Woman io spenderò una smodata quantità di soldi nel tuo negozio. E ci tornerò.

Esempio: grande magazzino, esco da un camerino con un abito che, obiettivamente, mi è un po’ troppo “giustino”, e la commessa:
“Eh, ti ci vuole almeno una taglia in più”
Amica, con me hai chiuso. Per sempre.



Il Nano ha compiuto 11 anni.
Nano per modo di dire, dato che gli abbiamo dovuto comprare un paio di scarpe da ginnastica n° 45.
A corto di idee per il suo regalo, ho pensato che sarebbe stato carino prendergli una T-shirt un po’ fighetta.
E sono andata, per la prima volta in vita mia, in uno di quei concept store per bimbimichia che ci sono nella mia città.
Dove una micro maglietta costa almeno 80 Euro, per dire.
I bimbiminchia, per chi non lo sapesse, sono i pre-adolescenti figli di papà o aspiranti tali. Almeno credo.

Dicevo, in questi negozi non si distinguono i commessi dai clienti, perché sono tutti vestiti uguali e hanno le fattezze di Justin Bieber.
Tu entri, e loro non ti si filano di pezza. E continuano imperterriti a piegare magliette già piegate e vagabondare nel negozio dove gli abiti sono esposti in ordine assolutamente casuale tra biciclette, lampade, motorini e cassoni di birra.

“Ciao scusa, posso chiederti un aiuto?”
“Buongiorno, mi dica?”
Primo errore: non mi dare del lei, piccolo ragazzetto schifoso, non vedi che sì, forse anagraficamente potrei essere tua zia, ma sono una gran gnocca con i capelli biondo miele mossi dal vento?
“ehm, … sì. Cercavo una maglietta per un bambino di 11 anni. Però veste 13/14 anni.”
“Eh … allora niente … non abbiamo niente”.
Grazie per la collaborazione amico, non sai chi ti sei messo contro, adesso scateno la biscia che è in me.
“Scusa se insisto, guarda che è alto più o meno come te, e tu ti vesti qui, giusto?”
“Beato lui…”
Appunto, nanetto imberbe ...
“ E quindi?”
“Mah, forse c’è qualcosa nel reparto bambino che veste fino ai 12 anni … oppure deve cercare tra i capi adulto, qualche Small che veste piccolo.”
“AH vabbè … e dove li posso cercare?”
“Beh … qui in giro …”

Gli abbiamo preso un pallone da basket.











sabato 19 maggio 2012

Una noia mortale

Certo, Roberto Saviano non somiglia a Fiorello.
Non veste Dolce & Gabbana e quando parla davanti alle telecamere dondola come un autistico.
Ma una delle cose che mi mandano in bestia, è sentire la gente che dice “uffa, che noia ‘sto Saviano”.

Ma cos’ha di così terribile, la noia?!
Non annoiarsi mai sembra essere l’unico valore rilevante degli ultimi 20 anni.

“Non veniamo a cena perché non ci sono altri bambini della sua età, e quindi nostro figlio si annoierebbe.” E quindi ? La noia non è mica una malattia genetica.

“Non credo sia opportuno che i nostri figli partecipino al tuo pranzo di condominio, non è divertente per due ragazzi” (che invece si sono divertiti da matti, ma non è questo il punto, e comunque, ribadisco, si divertono anche troppo, visti i penosi risultati scolastici).

Io sono figlia unica, e quando ero piccola non mi è mai passato per la mente di pronunciare le parole “mi annoio”. Eppure mi annoiavo un sacco, credetemi.
Ma la noia fa parte della vita, io non l’ho mai contrastata, ho imparato a pensare, leggere, e osservare.
Ricordo serate e pranzi con i miei genitori a casa di loro amici senza figli, ma ricordo particolari e dettagli di quelle case, che non vedo da 35 anni, come se fosse ieri: soprammobili, fotografie, il procedimento per fare il condimento della carbonara.

E quindi trasmissioni come quelle di Fazio e Saviano, o della Gabanelli, sono “pallose”.
“Ma come sei pesante, anche tu, già abbiamo un sacco di problemi, di questi tempi, io con la tivvù mi voglio rilassare”.
Il sacco di problemi, amico mio, è derivante dal fatto che per 20 anni hai votato un tizio che raccontava barzellette, certo, ma anche che tutto andava benissimo, che la crisi era un’ invenzione dei comunisti, che i ristoranti erano pieni e bisognava divertirsi facendo il trenino con Emilio Fede.

Allora, se permettete, io dico che la noia, a volte, è un dovere civico.
E dovete insegnarla ai vostri figli.

Da oggi c’è una ragazza di 16 anni che non potrà annoiarsi mai più.

giovedì 17 maggio 2012

Lo shampoo non è Inglese



Sabato pomeriggio, lui sta facendo la doccia a casa mia.

“Amoreeee !!!!! Mi passi il sapone per favoreeeee !!!!???”

“Ma quale sapone, scusa?”

“La saponetta per lavarsi, quella sopra il lavandino.”

“Perché? Il bagno schiuma non ti va bene?”

“Ma qual è? Questo dove c’è scritto “profumo yogurth e vaniglia” ?

“Guarda che a fianco c’è anche il bagno schiuma normale …”

“Vabbè provo questo …. mmmm… che buonoooo questo yogurth e vaniglia !!!! Viene voglia di mangiarseloooo !!!”



“Amore !!!! Ma se devo lavarmi i capelli come faccio?!!!”

“… Usi lo shampoo ?”

“Ma qual è ?”

“Forse il flacone dove c’è scritto Shampoo?”

“… questo giallo ?! Ma c’è scritto tutto in Inglese, non si capisce niente …”

“La parola Shampoo dovresti individuarla …”




Dopo svariati, svariatissimi minuti …

“Amore hai finito ???? Mi consumi tutta l’acqua calda !!!”

“Sì ho finito !!! Mi passi un asciugamano ?!?!”

“Ma te l’ho messo lì davanti, il telo blu.”

“Ma è troppo grande, passami quello che ho usato stamattina!”

“Quello ospiti ?? Ma non ti ci asciughi manco i piedi, con quello !!!”



Lo amo.
E’ un maschio evoluto.

Ma in certi frangenti, i maschi, tornano bambini.
E secondo me, gli piace proprio.

martedì 15 maggio 2012

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?



Ok, avevo detto che sparivo per un po'.
Ma poi ho pensato, perchè devo sparire io?
E perchè mi ostino a dare spiegazioni a chi non le vuole ascoltare?
Non mi giustificherò più. Cioè, ci proverò.
Perchè detesto puntualizzare l'ovvio.
E cioè che non tutte le mamme sono così, non tutti i bambini sono così, eccetera.
Però mica tutte le matrigne sono così.
Carine e simpatiche e intelligenti, dico.
Tiè.

Quindi, auguri – in ritardo – alle mamme, ad alcune mamme.

A quelle che non hanno mai avuto il pancione, ma hanno cresciuto dei figli, che magari erano già grandi, portati da un aereo e non da una cicogna.

Alle mamme dei disabili e dei malati, che hanno dimenticato il lavoro, le amicizie, e tutta la loro vita, per dedicarsi al loro figlio, con uno stipendio in meno e mille spese in più, e non avevano scelta, è andata così e bisognava fare così.

Auguri alle mamme imperfette, che almeno una volta nella vita si sono dimenticate di andare a prendere i figli in piscina, non hanno messo la merenda in cartella, hanno lasciato il bimbo urlante all’asilo e sono andate dal parrucchiere.

Auguri alle mamme d'acciaio, che si sottopongono a cure costose e invasive e spesso deludenti, perchè vogliono essere mamme, e una determinazione così forte, va rispettata.

A quelle che qualche volta, la domenica mattina, hanno detto: “Sai che c’è? Stamattina non mi va proprio di alzarmi alle 6 per prepararvi la colazione e portarvi al campo scout. Oggi si dorme”.

A quelle che si sbobbano 9 mesi a letto, dei quali 3 in ospedale, e invece di ingrassare come tutte perdono 11 chili, e qualche volta piangono ma quasi sempre dicono "forza bimbo, resisti", perchè io le ho conosciute, e mi inchino, di nuovo, di fronte a tanta determinazione.
Auguri alle mamme che non stanno pensando cose del tipo "ma quando ti ci trovi, ti viene spontaneo", perchè non è sempre vero, e io lo so, e ci vuole coraggio anche per ammetterlo.

Auguri alle mamme che dicono anche “no”. E si sentono dire “ti odio”. E soffrono dentro ma sanno che una mamma si ama per sempre, anche quando si odia.

Auguri alle mamme che aspettano un figlio scomparso da un giorno, un mese, un anno. 
Per anni o per sempre.
E non sanno come è diventato, dov’è, se è vivo, se sta bene, se si sente solo, se si ricorda di lei. Non riesco ad immaginare una crudeltà più grande di questa.

Auguri alle mamme mancate. Per destino o per scelta, propria o altrui.

Auguri anche alla mia.
Che come tutte le mamme diverse, alla fine è pur sempre la mamma.


venerdì 11 maggio 2012

Per un po'



Matrigna part-time si prende un periodo sabbatico.

Perché alcuni commenti mi hanno ferito. Nonostante tutto.
Non è il giudizio che mi spaventa, io professo la liberazione del giudizio tranchant, e quindi sono pronta a subirlo.
Mi spaventano altre cose.

Perché sto entrando nel vortice della pubblica web-piazza che sta sostituendo la comunicazione tradizionale.
Per mancanza di tempo o di coraggio.

Perché scrivo tanto, salvo in bozza, ma penso e ripenso se sia opportuno.
E l’autocensura è un segnale che non mi piace.

Perché sono cresciuta in una famiglia anticonvenzionale, e fin da piccola sono stata diversa, e a volte vorrei potermi nascondere nella massa.
Perché tra il nero e il bianco, chi dice grigio vince, ma non cambia le cose.

Tornerò solo quando sarò certa di essere l'arrogante di sempre.
Ora mi occupo un po’ della mia vita vera.
Di chi mi conosce.
E anche di chi credevo di conoscere.

venerdì 4 maggio 2012

What's love got to do with it



Ero in spiaggia, spalmata al sole nel compimento dei miei riti di inizio stagione, la prima volta al mare, rigorosamente da sola, il primo caffè al chiosco giallo di sempre, la prima passeggiata fino alla foce del fiume che passa proprio vicino a casa mia e va a finire proprio lì, con i cigni confusi che arrivano fino alla spiaggia.

Arriva una coppia di mezza età (la mezza età, nella mia personalissima classificazione generazionale, significa 45 anni portati male).
Sono vestiti di tutto punto, nonostante gli anomali 30 gradi di fine Aprile, lei vorrebbe passeggiare verso destra, lui verso sinistra.
Particolare tutto sommato insignificante, la passeggiata verso sinistra non esiste, cioè, ci stanno le gru che sistemano la spiaggia divorata dalle mareggiate invernali.
Lui si arrabbia e si incammina furioso nella direzione suggerita da lei.
Lei lo rincorre, letteralmente, balbettando un “scusami, io pensavo …”
E lui, urlando: “tu non devi pensare. Tu non sei in grado di pensare.”

In Italia sono già 55 le donne uccise da un uomo. In soli 4 mesi.
Cinquantacinque.
La maggior parte degli assassini aveva le chiavi di casa, per dire.

e quindi non sono esente.
Ma ancora mi sorprende di quante donne sopportino umiliazioni (che sono una forma disumana e meschina di violenza) alcune per la paura di restare sole.
Perchè meglio sole, che umiliate.
E perchè quando sento dire che il matrimonio è sacro mi viene da urlare.
E' l'amore, che è sacro.
E tutto questo non ha nulla a che vedere con l’amore.

E penso che, ancora, sono le donne che devono fare, ancora tanto, per cambiare tutto questo.
Le madri, per esempio, per insegnare ai loro figli maschi il rispetto di se e degli altri, capire molto presto che non tutto è concesso, che non sempre le cose vanno come vorrebbero loro, e che “no” è una risposta contemplata, pure se si sbatacchiano come delle tarantole per terra urlando come indemoniati.
E alle figlie femmine, che possono pure giocare alle principesse con la tiara e la gonnellina di tulle rosa, ma una farfalla tatuata in zona utero non è una garanzia per il futuro e non paga l'affitto a vita.
Doveroso imparare un mestiere, di quelli veri.
Perché possiamo fare tutto da sole, lavorare e fare la spesa e pagare le bollette e cambiare una lampadina. E comprarci un paio di scarpe che non ci servivano ma sono tanto belle.
Magari cambiare una ruota no, quello non lo sappiamo fare, ma siamo perfettamente in grado di telefonare a un gommista.
E che non serve un uomo per portarci fuori, che possiamo portarci fuori da sole, e trovarsi con le amiche e ridere e piangere e pure sentirci sole, a volte, che non si muore.

E che se un uomo ti tratta male è assolutamente inutile sprecare giorni e soldi di psicanalisi (la mia psicanalista junghiana si è comprata un appartamento in centro, con il mio contributo, che Dio la benedica comunque …) ad analizzare i traumi infantili che possono avere causato tanto astio nei confronti delle donne.
E la madre, e la sorella, e la ex fidanzata, e la ex moglie.
Se vuole, i suoi buchi neri se li analizzerà da solo.
Noi dobbiamo fare i conti solo con quelli nostri, e dobbiamo scappare lontano, perché nessuna rosa può essere tanto bella da farci sopportare di dormire in un letto di spine.

mercoledì 2 maggio 2012

I will survive



Nessuna paura, il mio cuore sta benissimo, per ora.
Che a volte però, un pochino rimpiango la me di qualche vita fa, divelta tra passione e tormento, le notti insonni, tante sigarette e troppe lacrime.
Mi faccio tenerezza, se ripenso al tempo che ho sprecato ad analizzare intenzioni, parole, opere, omissioni. Inutilmente.

Ti lascia = non ti ama.
Non abbastanza.
Non più.
Mai.
Punto.
Ora soffri per un legittimo periodo di tempo, e fattene una ragione, thank you.
Ne uscirai più magra e più diffidente, fino alla prossima cantonata.
Perchè la riprenderai, oh se la riprenderai...
Perchè sei tu che scegli i tornanti di montagna, invece che i sentieri pianeggianti. Almeno affrontali con gli scarponi, invece che con il tacco 12; emotivamente, si intende.
Almeno fino a quando deciderai che un paio di tacchi valgono bene un sentiero più facile. Se lo deciderai ...
Che i sentieri mica sono tutti noiosi ... e poi io ho già dato ampiamente, sherpa ad honorem.

Ma questa ero io, quando soffrivo.
Soffro ancora, ma per motivi diversi.
Per ora.

"Per sopravvivere devi pensare che stai vivendo il film della tua vita a puntate, e prima o poi arriverà anche la puntata buona.
Devi pensare di essere Carrie, che alla fine Mr. Big se l’è sposata sul serio.
Anche se lui andava, veniva, sposava un’altra, lasciava e si faceva lasciare, e ti senti come Carrie, in lacrime su un marciapiede, anche se in un’anonima cittadina di provincia e non sulle scale di un appartamento a Manhattan.

Devi pensare che l’importante è davvero la salute, tu che convivi con il dolore tuo e degli altri.
Devi pensare che ci sei passata tante volte, più di chiunque conosci, ma ogni volta fa più male perché speri sempre che sia l’ultima, e sai quanta strada deve passare, dopo.

Devi pensare che si mette insieme un giorno dopo l’altro, sprecandoli tutti, rifugiandosi dove sai, in quel posto magico e silenzioso che profuma di pagine stampate, perché tuffarti dentro le vite immaginate è l’unico modo per non pensare, ostinatamente, alla tua che è rimasta vuota, almeno fino a che farà così male.

Devi nascondere foto, cancellare numeri, chiudere finestre, perché la lontananza non è affatto come il vento, la lontananza funziona sempre, e questa volta la vicinanza diventa prigione.

E allora se puoi devi scappare, anche se il dolore ti seguirà come un bagaglio a mano, e per renderti almeno indimenticabile devi farti piccola e silenziosa, perché chi è invisibile, resta almeno nel cuore per sempre."