Storie di tutte le cose visibili e invisibili



giovedì 31 gennaio 2013

Mi piego e mi spezzo pure, a volte

Caro Nano occhialuto,
questa lettera è rivolta a te.
Che non sai neppure che esiste, questo blog, e spero che tu non lo scopra mai, perché nonostante tutto voglio proteggerti, sei ancora piccolo e comunque non è tuo dovere capire certe cose.

E non è neanche opportuno che io ti chiami più Nano, che ormai tutti sanno che sei alto quanto me, e hai la peluria sotto il naso e i brufoli e la voce stridula.
Ma non so come chiamarti, se non con il tuo nome, che è così bello e ti somiglia tanto.

Mi rivolgo a te per dirti che qualche settimana fa mi hai ferito.
Come teoricamente solo un adulto può fare.
Perché le mamme e i papà biologici forse non sanno che anche i bambini hanno il potere di farci del male.

Eravamo seduti a tavola, tutti e quattro.
Il TG stava parlando dell’aereo scomparso all’arcipelago di Los Roques.
Io ho chiesto il silenzio, per ascoltare.
Tu hai continuato a parlare, come forse è giusto che sia a 11 anni e mezzo:
“sai secondo me cos’è successo? E’ successo che un alieno li ha rapiti, e poi è arrivato un supereroe cattivo che li ha uccisi e poi …”
“Nano per favore, non scherzare su questa cosa. 5 anni fa è sparito un aereo simile nella stessa zona, e dentro c’erano due miei carissimi amici, con le loro due bambine, che io ho visto nascere, e da allora non abbiamo nessuna notizia ed è molto doloroso per me …”
“… e poi sono arrivati gli scienziati che li hanno rapiti per gli esperimenti, oppure potrebbe essere stato un …”

Non proseguo.
Solo tuo fratello ha avuto il buon senso di dirti, a bassa voce “basta …”
Io ho chinato il capo e ho pianto dentro.

E ancora ci sto male.

Perché a 11 anni e mezzo secondo me un ragazzino dovrebbe avere ricevuto il basico insegnamento che il rispetto del dolore altrui viene prima di ogni altra cosa.
A che serve vivere in mezzo ai preti e agli scout e a una mamma con la vocazione della Catechista dell’Anno?

E poi perché incazzarsi per un figlio disordinato o che non mangia la verdura è facile. Preoccuparsi perché un figlio è maleducato invece, non è da tutti.
Ci si deve mettere in discussione, e capire da dove nasce il suo disagio.
Non ho mai sentito una madre o un padre dire “mio figlio è maleducato”.
Eppure di ragazzi maleducati ce n’è un sacco, che siano tutti orfani?

Ci sto male perché ci hai messo dentro un po’ di cattiveria, perché anche un bambino è perfettamente in grado di capire quando ha in mano un’arma contro di te, e quando ce l’ha, la usa sempre.
Sapevi che mi avresti ferito, e l’hai fatto.
Più o meno inconsapevolmente.
Perché non sono la tua mamma, perché stavo a tavola con voi e non sono nulla per te, perché forse da quando ci sono io è cambiato qualcosa e ai ragazzi i cambiamenti non piacciono, perché la tua mamma mi odia che manco mi conosce e tu lo senti.

Perché basta. A volte sono stanca anche io. Sono stanca di avere in mano solo la parte difficile. Tante battaglie e pochissime vittorie.

A volte sono stanca di dovermi inserire tra il basket e il catechismo e la cena con i cugini, e di vivere i miei week end alternati con la chiave perennemente sulla toppa della porta, pronta a cambiare programmi con scarso preavviso.

E la domenica pomeriggio, quando vorrei solo stare a casa mia in pigiama a leggere e mangiare biscotti, tu mi dici con finta noncuranza “ma allora resti a casa tua da sola? E non puoi venire a mangiare qui con noi?” io so che quella è la mia unica vittoria in un anno di battaglie, ma a volte una vittoria sola non basta.
A volte vorrei che non ci fossero guerre, ma solo vita.

Ma so che un mondo così non esiste.
Non nel tipo di vita che mi è capitata tra le mani.
Ma è solo perché sono tanto stanca.

venerdì 25 gennaio 2013

Dedicato a te




A te che a volte passi di qua, e leggi, e a volte capisci e a volte no, e non sempre può piacerti quello che leggi. Perchè riguarda anche te, i tuoi figli, il tuo passato e il tuo futuro.
Oppure riguarda solo me, ma faccio parte di te.

E tu non dici mai niente.
Incassi, ma io lo so, che a volte passi di qua.

Grazie perchè hai capito che questo spazio mi è necessario, come per te lo è correre, o ritirarti nel tuo rifugio, quando occorre.
Che sono io, che sono tanta roba, e mica la capisci tutta.
Ma io ho preso il pacchetto intero, e anche tu.

E lo so che mi ami, anche se non me lo dici mai, e spesso dai la risposta sbagliata al momento sbagliato.
Ma mi basta guardarti quando mi guardi, e io lo so, che sei mio, come sono tua.

Nonostante tutti i nostri uffa.
Nonostante la mia vestaglia pelosa, che tu hai soprannominato "Il Trudi".
Nonostante le mie pantofole/doposci, che tu hai soprannominato "Aiuto-il-gatto".

Perchè sei sempre nervoso e hai poca pazienza, ma non l'hai MAI persa, con me.
Anche se a volte ci lavoro duro, per fartela perdere.
Perchè a volte non mi capisco manco io, ma tu dici "va bene", e mi lasci stare.

Perchè abbiamo un passato così diverso che a volte mi domando in quale strada ci siamo incontrati, e mi domando se era scritto da qualche parte, oppure è stato un caso.

La mia famiglia sono io, la tua famiglia è un'altra, forse.

Ma insieme esistiamo, in qualche parte del mondo, così diversi da tutti, così diversi l'uno dall'altra eppure così uguali, a noi stessi e al resto.

Perchè non esiste una vita speciale, rassegnamoci al fatto che tutti abbiamo storie straordinariamente banali.




martedì 22 gennaio 2013

Ce la siamo scampata bella? L'anonimato dei pavidi d'amore

Sapevatelo che ora comincio a tirare fuori gli scheletri dal mio armadio.

Parliamo di ex.
Ma non di ex fidanzati, che di quelli bisogna aprire un armadio a parte.

Parliamo di ex chiattelle (credits to Chicca)
Ex flirt.
Ex ... insomma quelli, ecco.
Quelli che ci hanno più o meno piacevolmente intrattenuto per un momento più o meno breve della nostra vita.
Valgono solo quelli a part-time verticale.
Cioè, non quelli che "ci sono stata insieme ma è durato poco".
Quelli che proprio non è mai partita. Che ci si incontrava ogni tanto, per un po'.

Non so voi, ma io ne ho trovati veramente di ogni.
Che se non son matti, non li vogliamo.

Da quello che mi ha mollata via mail, perchè non voleva farmi soffrire.
Da Capitan Uncino (sì sì avete capito benissimo...) a quello che, raggiungendomi al nostro primo appuntamento, ha avuto un incidente in macchina nello stesso momento in cui l'ho avuto io.
Destino? Infatti non l'ho mai più voluto vedere.

C'è stato quello che ci riprovava ogni tanto, e quando gli dicevo di no, mi insultava.

C'è stato quello che sembrava avesse perso la testa, e ogni sera mi riaccompagnava sotto casa alle dieci di sera perchè aveva sonno.
Dopo 3 settimane mi ha detto che era confuso.
E adesso che son passati anni lo vedo in Facebook: ora è in vacanza in Toscana con la fidanzata, e pubblica ogni mezz'ora una fotina insulsa e sfocata, comunicando dove si trova.
Che uno che va in Toscana e ti porta a pranzare alla Casa della Mozzarella, ho avuto un gran culo che fosse confuso.

Comunque.

Ora, c'è un Anonimo che lascia commenti ai miei post.
Sospetto da tempo quale sia la sua identità.
Il commento che ha lasciato al mio post precedente, ho deciso di non pubblicarlo.

Questa persona, si intratteneva con me pur condividendo la vita e la casa con una legittima coinquilina. Si dichiarava follemente innamorato.
Di me.
Ha mentito, molto, per stare con me qualche ora.

Breve relazione, me o lei?, non lo so, allora ciao.
Succede. Banale.
L'ha sposata qualche mese dopo il mio "ciao".
E' diventata la madre di suo figlio.
E' passata una vita.
Rimuoviamo? Anche sì, grazie ...
Non ti offendere, non sei stato il grande amore della mia vita.
Nessun rancore ma mo' basta.

Inoltre.
Mettiamo il caso che non sei tu, ma sei un altro.
Qui, tu entri in casa mia.
E quando entri a casa degli altri, ti presenti.
L'anonimato è patetico, scortese, arrogante.

E per niente chic.

lunedì 14 gennaio 2013

Il sabato del villaggio, ovvero, l'amore part-time


In qualità di matrigna part-time, ne consegue che anche la mia vita di coppia proceda a week-end alternati.
Ovvero, il mio compagno ha in custodia i figli un fine settimana sì, e uno no.

Per i primi due anni della nostra storia, ho praticamente vissuto sospesa, in attesa dei week-end di mia “esclusiva” competenza, per ovvi motivi.
Nessun impegno tra scout, feste di compleanno, scuola, basket e pallavolo.
Solo coccole, aperitivi in centro, pranzi domenicali, gite in collina, cinema.

Poi ho iniziato a godermi anche i fine settimana con i ragazzi, a piccole dosi.
Certo, confesso che il programma di un pomeriggio a giocare a bowling e serata con pizza e film Disney stritolati in un divano troppo piccolo non equivale proprio al mio ideale di vita.
Forse neanche al vostro, sebbene i pargoli sono usciti proprio da voi…

Poi passano i giorni e gli anni, e si arriva inevitabilmente (inevitabilmente?) alla vita vera.
Che non è detto che il fine settimana di competenza ci sia bel tempo.
Che magari non ho fatto la ceretta o sono in piena sindrome pre-mestruale o, più semplicemente, ho la luna storta per conto mio.
Che magari girare tutto il giorno per scegliere un tappeto per casa sua è interessante e lo faccio volentieri, ma un paio di scarpe nuove farebbero più allegria.
Che si sono spesi troppi soldi ultimamente e quindi niente pranzo domenicale in collina.
E che pure io ho una mia casa, e si finisce sempre per cucinare/mangiare/guardarelatv/dormire nella sua.

E magari anche lui, ha la luna storta per conto suo.
Ma nel nostro operoso cervello scatta l’allarme non disattivabile del “qualcosanonva, cisaràunaltra, celhaconme, sistastancandodellamiavestagliapelosa”.
E comunque le considerazioni cervellotiche di cui sopra, non è mica detto che non siano vere … anzi, la maggior parte delle volte abbiamo pure ragione.
E se su 3 film visti su Sky i complimenti alle zinne delle attrici si assestano a 3 su 3, per forza mi domando cosa non vada nella mia dignitosa terzacoppaci, soprattutto se fino a ieri sembrava che lui non vedesse altro.

Insomma, insicurezza.
Sbattimento.

Ma non me ne lamento, ne’ mi preoccupo anzitempo.
Perché l’amore, è fatto di gioia, ma anche di noia (già citato, lo so, ma mi piace tanto Finardi).
E perché comunque, oggi che è lunedì, dopo un week end un po’ così, se potessi tornare indietro, e scegliere, sceglierei ancora lui.
Tutta la vita.

venerdì 11 gennaio 2013

Corpo e spirito




Beh, buon anno.
As far as I can tell nulla può essere peggio del 2012, ma al peggio non c’è mai fine, dicono. E con Saturno contro, czz ci posso fare io?

Dunque, avrei un sacco di cose di cui parlare.
Per esempio, potrei parlarvi delle vacanze Natalizie con i figliastri. Che se voi madri biologiche non vedevate l’ora di tornare a lavorare per disintossicarvi da aerosol, bambini a cozza, biscottini alla cannella, e regali dell’ultimo minuto, ecco … figuratevi io che i ragazzi manco sono miei.
Tanto carucci eh … ma peraltro stiamo a quota 11 e mezzo e 19 anni, qui altro che Fluibron e catarro, siamo in piena brufolite e voce stridula, scarpe numero 46 e Spongebob registrato su Sky (oltre a CENTINAIA di imbarazzanti trojate Disney programmate, che hanno inesorabilmente cancellato tutte le registrazioni dei miei film. Estczz).

Oppure potrei parlarvi del mio folle innamoramento per la Zumba.
Come ho fatto a vivere senza, non saprei.
L’unico modo divertente di perdere un chilo in un’ora.
Che a una certa età le attività in camera da letto sono tutt’altro che aerobiche.

Ho trascorso il Capodanno in un casale shabby chic sperduto in mezzo alle colline dell'Umbria. Nemmeno i passi sulla ghiaia facevano rumore.
Anche se io sono una filotoscana e il mio rifugio è lì e sarà sempre lì, proprio in quel punto magico tra il mare di grano e papaveri.

Il mio non-rapporto con Vaticano Spa e affini, direi che è noto.
Non simpatizzo, non frequento e polemizzo.

Però.
Sarà che per qualche misterioso motivo San Francesco mi emoziona.
Sarà che una volta, pochi mesi fa, in un momento di terribile sconforto e confusione, sono scappata dall’ufficio e sono andata nella chiesa a lui dedicata, in città, solo per guardarlo, e chiedere, o forse anche no. Solo per sentire un po’ di fresco nella testa.
Ma ogni volta che vado ad Assisi, ed entro nella Cripta, mi metto a piangere.
Che vi dirò che io piango sempre, quindi non faccio testo.
Sono incline alla più banale e vergognosa commozione.

Ma insomma, sono entrata, ho toccato la cera delle candele che non si possono accendere, mi sono chinata in quei banchi silenziosi, con gli occhiali da sole, ho sentito tanto dolore tutto intorno, e ho pianto.
Non ho chiesto nulla.
Non ho pregato.
Ho solo pianto, a capo chino, per un po’.

Poi sono uscita e ho mangiato torta al testo e formaggio.
Che per sembrare meno blasfema ho comprato una piccola croce di legno, che porto al polso, tanto carina… io che odio le croci, ma questa è diversa.

Così, volevo solo raccontarvi questo.