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martedì 20 novembre 2012

Matri-week end, ovvero la psicologia del cibo

immagine estratta dal web


Forse l’ho già detto, ma chi immagina i miei matri-week end all’interno di un’allegra e caotica famiglia allargata, sbaglia di grosso.

Nei miei matri-week end regnano soprattutto silenzi, frigni e capricci, papà nervosi e urlanti.
Infatti, i miei matri-week end, si sono piuttosto diradati.
Perché fatico a sopportare i parenti toccati in sorte, figuriamoci quelli acquisiti.

Il figliastro minore ha 11 anni e mezzo, è alto 1 metro e 70, ha i primi brufoli adolescenziali e la sua voce spazia tra quella di Linda Blair posseduta e quella di Farinelli.
Ma è un bambino.

Detesta la verdura e i tempi necessari per terminare un pasto non sono accettabili; la sua lentezza è esasperante.
Il padre – lo debbo dire – ha scarse attitudini psicologiche, e le tecniche usate per accelerare i tempi e per imporgli di mangiare l’insalata producono, solitamente, le seguenti reazioni:
a)   lacrime e singhiozzi
b)   tempi raddoppiati
c)   musi lunghi per tutto il fine settimana

La mia opinione in proposito si riassume nei seguenti punti:
-      è ovvio che l’odio per la verdura non può essere vissuto con cotanto dramma. Evidentemente, ma solo per me, c’è dietro un disagio diverso, legato a casa, mamma, abitudini. E’ doveroso capirlo, e dargli una mano.

-      anche io non mangiavo la verdura, ora non potrei vivere senza. Conosco molti adulti che si nutrono solo di patate fritte e il loro stomaco sta meglio del mio.

-      se proprio si vuole imporre la verdura a ‘sto ragazzino, magari proviamo ad occultargliela, non costringiamolo a mangiare insalata se gli fa schifo.

-      se hai deciso che deve mangiare proprio l’insalata, lascia che sia sua madre a farsi odiare. Il ragazzo mangia con noi due volte al mese e gradirei che fosse sereno quando lo fa.

-      arrabbiarsi per tutto equivale a non arrabbiarsi per niente. Per evitare di alzarsi tutti da tavola alle 4 del pomeriggio, basta imporre una regola, senza urlare.
Decidere un termine ragionevole per finire il piatto.
Passato questo termine, il pasto è finito.
Se ha fame dopo un’ora, si finisce quello che ha lasciato nel piatto.
Semplice.
Bastava insegnarglielo nel 2002/2003.
Ma siamo ancora in tempo.

I miei matri-week end cominciano spesso con me che entro in macchina e saluto, e nessuno mi risponde.
Io non dico nulla, non rimprovero, non sollecito.
Percorriamo in silenzio la strada che porta a casa dei nonni.

Nella disposizione dei posti a casa dei nonni, il minore è seduto a capotavola, suo cugino alla sua sinistra, io alla sua destra.
In quei momenti di pura follia, dove il livello di decibel solitamente sfiora quelli di un concerto dei Muse, miracolosamente io e lui ci ritagliamo uno spazio sottovoce di scherzi e chiacchiere e racconti.
Nessuno ha modo di forzarlo a mangiare velocemente.
Infatti finisce sempre, non dico per primo, ma in tempi umani.
E poi corre a giocare con i cugini.
Vorrà pur dire qualcosa, no?

6 commenti:

  1. Bravissima Terry, dico sul serio!
    Un abbraccio
    Giancarla

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  2. Eh cara mia, hai ragione da vendere.
    Ma il cibo spesso è terreno di altre battaglie, che il semplice nutrirsi.
    Bisognerebbe mangiare in pace e poi indagare altrove sul perché si mangia così.
    Purtroppo ogni consiglio esterno viene visto come "la fai facile, tu!" invece spesso chi è fuori si fa meno seghe di chi è coinvolto e va all'essenza del problema.

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  3. Mi odierai ma mi tocca dirtelo .. Saresti proprio una brava mamma. Baci Isa

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  4. Isa, grazie ma non ne sono tanto sicura. Riesco ad avere un po' di distacco perchè in fondo non sono figli miei. Credo che sarei una mamma talmente ansiosa che non sarei arrivata viva alla mia età ... :) Baci !!!

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  5. Fallo capire al padre, usando ogni mezzo. Mi sembra che tu sia assolutamente nel giusto.
    Baci
    Raffaella

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  6. Anche io sono una matrigna part time .. Condivido in pieno ciò che hai detto .. Più ti leggo più mi piaci ! Sabri

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