Storie di tutte le cose visibili e invisibili



venerdì 14 settembre 2012

Homeschooling, ovvero: a cosa serve il resto del mondo, se ci sono i genitori?

Foto estratta dal web

Ultimamente mi era capitato di incappare in qualche blog gestito da mamme che si affidano all’homeschooling, e non ci avevo capito granchè, a dire il vero.
Appena ho letto di cartelloni sensoriali sono fuggita senza documentarmi ulteriormente. Che la vita è già difficile.

Nell’ultimo numero di Vanity Fair ho letto attentamente un servizio che riguarda proprio questo tema, e ho scoperto con un po’ di sgomento che lo Stato Italiano prevede l’obbligo all’istruzione, non alla frequenza scolastica.
I genitori possono decidere di tenere i figli a casa e provvedere personalmente alla loro formazione, probabilmente con considerazioni specifiche a seconda del caso e con controlli che, onestamente, non conosco.
Si chiama – appunto – homeschooling, o educazione parentale, o controscuola, o altre robe così.
Non mi sono documentata granché, quindi la polemica scatterà inevitabilmente, ma tant’è. Speriamo non mi quereli nessuno perché questi mi fanno un po’ paura, in effetti.
A me piace sputare sentenze anche su quello che conosco poco, continuo a farlo perché … sono piuttosto stronza, effettivamente.

Sono perplessa di fronte al delirio di onnipotenza di alcuni genitori.
Questi qui sarebbero quindi convinti di essere fonte sufficiente ed insindacabile di apprendimento per i loro figli.
Oltre ad allontanare il più possibile l’inevitabile momento nel quale un bambino dovrebbe iniziare a staccarsi dalle amorevoli braccia materne, trovando la propria identità e indipendenza in tutti quei piccoli e grandi riti della vita. Ecco questo momento non dovrebbe mica avvenire intorno ai 30 anni … un po’ prima, secondo me.

Ho letto di bambini che non vogliono andare a scuola perché seduti tante ore si annoiano e sono irrequieti. Poverini. Pure io.
Che non capiscono le parole dell’insegnante perché hanno dei ritardi nell’apprendimento.
Che preferiscono (ma va?) stare a casa con la mamma.
Di programmi ministeriali troppo rigidi da seguire, classi troppo affollate, materie poco interessanti, compagni di classe troppo esotici, eccetera.

A parte il fatto che insegnare le tabelline e spiegare che le mucche fanno il latte, ecco,  temo non sia sufficiente: avete mai avuto a che fare con i compiti per casa di un bambino di 6/7 anni? Ecco, auguri …
La maggior parte degli adulti che conosco ignora la differenza tra Austria e Australia, figuriamoci l’esistenza dei congiuntivi.
Ieri sera alla TV ho sentito una velina ripetere almeno 10 volte “help we”, per dire “aiutateci”. Povera stella. Forse ha fatto l’homeschooling pure lei.

Comunque, io credo che andare a scuola non significhi solo imparare a leggere e scrivere.
Significa imparare a stare seduti tante ore.
Che mamma e papà non sono le uniche fonti del conoscere. Anzi, è quasi sempre consigliabile provvedere ispirandosi ad altri …
Significa imparare a convivere e condividere.
Imparare che si è veloci a fare qualcosa, e allora bisogna aiutare chi è più lento.
Che si è più lenti a fare qualcos’altro, e allora bisogna chiedere aiuto.
E non sempre qualcuno ti aiuta, ma la vita è così.
Significa imparare a stare attenti, anche quando non si ha voglia.
Imparare che c’è un amico speciale, che ce lo ricorderemo tutta la vita.
E c’è qualcuno invece che non ci piace, ma ce lo ricorderemo tutta la vita pure lui.

E se la scuola traballa, perché non ci sono fondi, gli insegnanti sono mal pagati o scontenti o insufficienti, e non ci sono insegnanti di sostegno per i bambini con difficoltà, ecco tutto questo è gravissimo, perché la salute e l’istruzione dovrebbero essere garantite a TUTTI e GRATUITAMENTE !!!
Sarà demagogia ma ci credo fermamente !!

Ma la soluzione non è quella di creare micro universi pseudo perfetti per i nostri figli, mettendoli sotto una bolla di vetro colorato che prima o poi dovranno rompere da soli, facendosi male.

Perché il compito dei genitori è – prima di tutto – insegnare ai figli a vivere.
Vivere, è quella cosa che si impara sul campo.
Sennò, che vita è?

6 commenti:

  1. Concordo pienamente con il tuo pensiero!!
    Te lo dice una che ha un figlio di 7 anni che frequenta una classe esotica, con amici del cuore meravigliosi, alcuni compagni stronzi e compiti da fare che lui spiega a me....

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  2. L'ho letto anch'io e con la tua stessa perplessità.
    Con queste premesse, appena si impara a leggere, si può fare anche l'autoschooling e chi s'è visto s'è visto.
    Oltre alla presunzione di saper sostituire l'intera società (non solo gli insegnanti) mi stupisce il non capire che la scuola, come giustamente dici, è anche e soprattutto una palestra per la convivenza col resto del mondo.
    Sarà che preferivo di gran lunga la scuola, a stare a casa, ma non capisco...

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  3. Io sono favorevole anche al nido, figurati alla materna e alle elementari....Secondo me i bambini hanno bisogno di uno spazio, sia fisico che mentale, solo loro e prima ne fanno conoscenza meglio è. A me i bambini che ciondolano in semi solitudine al parco guardati dalla tata e dai nonni stremati mettono tristezza, figurati uno che a 6 anni non può andare a scuola a incollare cartaccia sui quaderni e imparare le peggio parolacce senza saperne il significato. Ecco la domanda è: ma nell'homeschooling chi è che insegna ai bambini le barzellette sporche e i modi di dire migliori?Tipo mio figlio l'altro giorno ha detto a suo fratello "leccati la figa" e non l'ha sentito da me...;) ciao
    Valeria

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  4. @Valeria: ecco, hai sollevato un aspetto al quale non avevo pensato, ma ci sta tutto. I bambini devono imparare anche a le parolacce, e a scrivere i segreti nel diario, e le barzellette sporche, da ridacchiare anche se non si capiscono ancora perchè.
    Fantastica poi l'uscita di tuo figlio con suo fratello ... anche se molti benpensanti saranno inorriditi !!!
    :)

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  5. Cara blogger, mi sono fermata alla riga in cui tu dici di essere stronza, e mi sta bene così. Ognuno di noi può effettivamente fare e dire ciò che vuole, finchè non infrange la Legge italiana. E allora io continuerò ad insegnare ai miei figli e tu a fare le tue "stronzate" e a "sputare" su ciò che ti circonda senza sapere chi e come sia. Spero che i miei figli non incontrino mai i tuoi, altrimenti sarà fin troppo evidente il risultato del nostro diverso modo di educare. Che pena!


    Copio questo commento lasciato da una lettrice firmata "una mamma", poichè per qualche motivo tecnico che non capisco non riesco a pubblicarlo.

    Cara mamma, mi spiace che tu ti sia fermata alla parola "stronza", perchè se avessi letto tutto il post forse ti saresti fatta un'idea diversa da me.
    Ciò nonostante, io non ti conosco e non ti giudico, esprimo solo il mio parere. A quanto pare invece, tu non fai altrettanto, e non comprendo tutto questo livore.
    Ti tranquillizzo inoltre del fatto che, fortunatamente per te e per la società tutta, io non ho figli.
    Preferisco, infine, non parlare di "pena".
    C'è tanta gente che sta male e che merita la nostra pena.

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  6. Tessy, d'accordo con te, in tutto.
    L'ho scritto nel commento al post di "Ero una brava mamma" (p.s. Anche io non vado per il sottile!)

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