Settembre è il mese peggiore per gli ipocondriaci.
E per le malattie di origine psicosomatica. Cioè quasi tutte.
Mi domando come cazzo faccia il mio stomaco a sapere che è Settembre.
Io adoro i bambini. Ma detesto i figli.
L’illuminazione mi è venuta pochi giorni fa.
Il sentimento peraltro è reciproco. In entrambi i casi.
Non ne posso più di cake designer, pasta di zucchero, cupcakes e macarons.
Son tanto bellini da vedere, ma insomma dai, li avete mai mangiati? Fanno abbastanza cacare.
Ho sviluppato un’inevitabile quanto intempestiva allergia agli ospedali. Qualche sera fa, dopo una settimana di varia e avariata frequentazione, ho deciso di andare a sfogarmi in palestra per dimenticarli.
E ci ho trovato un’ambulanza perché un tizio si era spaccato un ginocchio.
Alla faccia del karma pesante.
Dunque, ribadisco, mangiare le stesse cose di prima, diminuendo le quantità, non fa dimagrire.
Quello si chiama “mangiare normale”.
Le diete ipocaloriche che saziano non sono mai esistite.
A Settembre bisogna vestirsi a strati, credo di saperlo da quando andavo alle elementari.
Se ti metti il golf di cachemire al mattino, sotto devi averci una camicia perché poi fa caldo.
Spruzzarsi continuamente il deodorante in ufficio e attaccare l’aria condizionata a palla perché hai sbagliato a vestirti, non è un comportamento moralmente accettabile.
Mio padre peggiora. Al momento nessun medico si è degnato di ipotizzare una diagnosi, limitandosi a rimbalzarci tra un esame e l’altro, suggerendo terapie, per confutarle subito dopo.
Ai momenti drammatici che potete immaginare, alterno per mera sopravvivenza giornate di fuga nella vita “normale”.
Fatta di tanto lavoro, lavatrici, palestra saltata per emergenze al lavoro, cene saltate e ripianificate con le amiche e aperitivi improvvisati, spesa al supermercato, lavandini che perdono e lavatrici che si rompono.
E sono felice.
Straordinariamente felice, come mai da quando ho una vita cosciente e consapevole, ovvero passati i 30 anni.
Amo il lavoro lo stress i colleghi lunatici il frigo vuoto il frigo pieno l’armadio in disordine.
Amo la vita. Nel momento stesso in cui non mi è concesso viverla.